SALVI DOPO CINQUE GIORNI DI PRIGIONIA. UNA NUOVA LETTERA DI FADI DALL'IRAQ

Mi ha commossa, ieri, leggere i commenti in cui mi avete scritto che anche voi, assieme a me, avreste aspettato notizie di Fadi Forse l'unione ha fatto la forza, perché dopo qualche ora, dalle imperscrutabili volute di questa guerra, un messaggio di Fadi è riuscito a districarsi e librarsi in volo, per "atterrare" nell'agorà silenziosa del mio Messenger. L'ho divorato di fretta, mentre la gioia di saperli vivi si mescolava con l'amarezza provata nel leggere il racconto di ciò che hanno vissuto negli ultimi giorni. Prima di rendervi partecipi di questa storia, voglio dirvi che si trovano in questo momento al sicuro, ospitati da un amico che hanno appena raggiunto. Almeno questo mi restituisce speranza.

Foto scattata da Fadi nel giorno dell'arrivo dei terroristi a Mosul
Per tutto il giorno, anche durante il lavoro, quando il volume della mia suoneria dorme sonni tranquilli, un filo inarrestabile di ansia continuava a muovere la mia mano verso quel tasto del cellulare che illumina il display, permettendo di vedere se sono arrivati dei messaggi. Ogni volta fare capolino in una di quelle magiche applicazioni che permettono di vedere l'ultimo accesso di un amico e ogni volta vedere che la data è sempre la stessa: 9 settembre 2014. Uno sguardo fulmineo anche agli SMS, nell'ipotesi che Fadi rispondesse ai numerosi messaggi scagliati come frecce nel buio negli ultimi giorni dal mio telefono, poi un pensiero poco rassicurante: "E se il cellulare gli fosse stato rubato? E se, senza saperlo, stessi telefonando a qualcun altro?". Decido di non scrivere più, ma di rassegnarmi ad una fiduciosa attesa di notizie: la realtà che Fadi vive è molto diversa dalla nostra, la sua priorità non è certo quella di sbrigare la corrispondenza. 
Foto dal sito www.fano5stelle.it

Nel silenzio dell'attesa, però, nasce un'altra domanda. "E se i miei messaggi fossero stati letti, nell'ultima manciata di giorni, in qualche oscura sede dei miliziani del califfato?". Allontano questo pensiero e cerco di agganciarmi all'ancora dell'autoironia. "Ottimo. Devo dire che, nella rassegna delle mie imprese memorabili, le telefonate involontarie ai terroristi mi mancavano". 
Qualche ora dopo, lo sguardo si affaccia ancora una volta su Messenger. Non credo ai miei occhi: risulta che Fadi ha effettuato l'accesso un'ora prima. "Come stai? Ti prego, rispondimi. Sono molto preoccupata". La risposta, però, si fa attendere. 
Foto dal sito www.fisica.unisa.it
 C'è tutto il tempo di tornare ai dubbi di qualche ora fa: "Sarà qualcun altro che effettua l'accesso dal suo account?". Io, però, ho inviato sempre messaggi in arabo, in questi giorni. Se dall'altra perte del "messenger" c'è Fadi, so che mi invierà un messaggio in italiano. E quel messaggio nella mia lingua madre arriva davvero, con parole che per me sono inconfondibili: appartengono a lui. Il traduttore ha mescolato le carte più del solito, sembra che le frasi abbiano danzato insieme scambiandosi qualche elemento e poi tornando al loro posto. Eppure, il messaggio è suo. E voglio regalarvelo così come è affiorato. Ha fatto tanta strada per arrivare qui: se voi, come me, state aspettando notizie da Ali, è giusto che possiate leggerlo così com'è. 

"Ciao Sara Mi manchi così tanto. Mi dispiace, non ero in grado di inviare un messaggio negli ultimi giorni ci sono stati molti eventi con me. Abbiamo ricevuto comunicazione da voi sul vostro cellulare, ma le nostre linee sono rotto, così ho deciso di scrivere questa lettera a voi, e io attualmente non hanno Internet e ho dovuto andare a una grande distanza nella casa di un amico, al fine di inviare il mio messaggio a voi. Nove giorni prima di partire con la mia famiglia, la città di Erbil in maniera molto difficile, ho ricevuto la notizia della morte di mio padre, un uomo di grande età e anni molto malati fa, e ho dovuto tornare alla città di Mosul, che è ora sotto il controllo di gruppi terroristici. Era la nostra detenzione da parte di terroristi, per cinque giorni in un luogo al di fuori della città e siamo stati duri e ottenere un sacco di domande perché pensano che io Spy e lavoro per il governo di raccogliere informazioni sui gruppi terroristici e poi ci hanno minacciato di morte e la mia famiglia e poi ha rubato quello che mi portavo soldi. Così come cellulare e ha rubato un computer portatile e macchina fotografica e alcuni altri widget. Alla fine siamo stati rilasciati, ma le condizioni restano stretti e sotto controllo in tutte le nostre azioni e, probabilmente, noi uccideremo se sfidato questi ordini. La mia amica Sara, mi dispiace che ti ho dato fastidio con questa notizia, ma tu sei l'unico amico che posso parlare francamente con lui. Questa mattina è iniziata l'aria colpisce aerei americani bombardavano molte posizioni dei gruppi armati, e casi di eventi la paura e il panico tra la gente. Ora, gli elementi dell'organizzazione terroristica a causa delle loro azioni paura isterica di bombardamenti americani. Ci aspettiamo che una grande guerra coalizione internazionale contro i terroristi nei prossimi giorni e speriamo che tutte le zone liberate dai terroristi. Ma siamo ancora paura di vittime tra i civili innocenti. Ora siamo in una situazione molto critica, uno degli amici mi dice che può farmi fuori con la mia famiglia per andare a Baghdad, ma temo di controllo terroristi. Forse nei prossimi giorni, posso viaggiare a Baghdad se la strada era sicuro per noi. Caro amico, io probabilmente non parlare con te di nuovo, e forse uccidere un terrorista, o forse morirò nel bombardamento americano. La mia famiglia ed io! Non ho garanzie per il futuro, ma voglio che tu sappia che tu sei gentile con me sono molto costosi, anche se non abbiamo avuto fino ad oggi, e voglio che tu sappia che ho avuto l'onore di riconoscere l'utente, e tutte le persone buone nella mia vita. Spero di raggiungere la mia voce al mondo attraverso di voi, e cercare di distribuire la mia storia nei media e manderò una foto di me con la mia famiglia per il resto si deve ricordare. Cercherò di inviare notizie, e cercherò di entrare in Internet, se è rimasto vivo. Grazie Sara, grazie per il bene del tuo cuore, e grazie per la vostra umanità nobile. Grazie a tutti. Grazie di tutto".
Baghdad
  Non posso descrivervi cosa si prova a leggere la frase "Caro amico, questa potrebbe esser l'ultima volta che ti scrivo, io forse sarò ucciso dai terroristi o forse morirò sotto il bombardamento americano". Qualcosa, all'interno, si ribella: non è facile non avere il controllo della situazione, per chi, come noi, è abituato a dare per scontato il diritto ad una lunga vita. Osservate. Osservate come la realtà è più complessa delle nostre interpretazioni. Osservate come lo stesso bombardamento americano non è qualcosa nei confronti del quale si è "contro" o "a favore".  
Baghdad
Nelle frasi di Fadi, che rappresentano il pensiero delle vittime irachene del terrorismo - cristiane o musulmane che siano - la paura dei bombardamenti e il desiderio di un intervento di forze esterne contro gli integralisti sono due facce della stessa medaglia. Esiste la consapevolezza di poter morire a causa di quell'aiuto esterno, ma anche la speranza che quest'ultimo possa liberare "il paese dei poeti" dal radicalismo islamico. Sono sempre stata contraria alla guerra in Iraq e a quella in Afghanistan, sono sempre stata a favore di quella riduzione della povertà che, secondo Fadi - vedi post del 18 settembre - toglierebbe la possibilità ai terroristi di trovare adepti. 
Foto scattata da Ali, nel giorno dell'arrivo degli integralisti dell'ISIS a Mosul

Nella vita, però, ho imparato a ragionare caso per caso, cercando sempre di rinunciare agli "ismi" che semplificano tutto, comprese certe versioni del pacifismo. L'ho imparato soprattutto durante le mie ricerche in Kosovo, dove ho intervistato decine e decine di persone, sentendo da tutti la stessa testimonianza sull'intervento NATO del 2000 (contro il quale io stessa, per altro, avevo manifestato): "Quando vedemmo arrivare gli aerei della Nato, noi albanesi del Kosovo iniziammo a festeggiare, perché comprendemmo che, finalmente, la guerra e il genocidio sarebbero finiti". Parole sentite con le mie orecchie. Se poi si vuole dire che le "coalizioni internazionali" agiscano sempre con un doppio fine, questo non lo si può negare. Non mi si dica, però, che in casi come in quello del genocidio in Kosovo o dell'espansione dell'ISIS in Iraq, la popolazione è "contraria". Noi, irriducibili intellettuali, possiamo concederci il lusso di dire "si" e "no" a priori. Chi invece rischia la vita per proteggere se stesso e i propri cari ha spesso davanti una realtà molto più complessa rispetto alle rappresentazioni che noi ne facciamo qui, al sicuro nel nostro nido.
Foto dal sito www.montagna.tv
 Chiusa questa parentesi, voglio tornare ad Fadi. Ciò che ho compreso meglio nei messaggi successivi, è che si metterà presto in viaggio per Baghdad. La speranza è quella di poter lasciare l'Iraq, ottenendo un visto per l'Europa e poi chiedendo asilo politico. La nostra attesa non è finita e sarà più dura quando Fadi inizierà il difficile percorso verso la capitale irachena. Da parte mia, un'unica richiesta: quella di non rischiare mai la vita per raggiungere un luogo in cui possa scrivermi.
Foto dal sito www.visionealchemica.com
Ci saranno alcuni giorni in cui non arriveranno sue notizie, perché per arrivare a Baghdad verrà battuto un sentiero lontano dalle connessioni. Forse, riusciranno a scrivermi ancora solamente quando saranno giunti a destinazione. E noi saremo qui ad attendere che, ancora una volta, un messaggio di speranza riesca a solcare le distanze e, svelando nel cielo un azzurro mai svanito oltre questa densa cappa di grigio, ci dica che Fadi, sua moglie Maisa e le sue bambine ce l'hanno fatta. 
 

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